Maria Susanna Coccioli, della UOC di Pediatria di Francavilla Fontana (BR), col tutor Angelo Acquafredda,
UOC di Neonatologia, Pediatria e Fibrosi cistica, Ospedale Tatarella, Cerignola (FG), presenta sulla Rivista
Italiana di Medicina dell’Adolescenza (Volume 22, n. 2, 2024) lo studio che ha effettuato per la tesi del suo
Master in Medicina dell’Adolescenza presso l’Università de L’Aquila. L’obesità è attualmente un’epidemia
mondiale con onere significativo per la salute. Nella Regione europea oltre il 30 e il 10% dei soggetti di età
compresa tra i 5 e i 19 anni è rispettivamente in sovrappeso o obeso. L’obesità primaria o idiopatica è
quella di gran lunga predominante. BMI e misurazione della circonferenza vita sono utili indici di
valutazione del peso di un soggetto. Il rischio di essere obesi da adulti, con le sue conseguenze quali
malattie cardiovascolari (MCV) è maggiore se è presente obesità in età infantile e ancor di più
adolescenziale. Segni di sindrome metabolica possono esordire già in adolescenti o giovani adulti obesi. Le
MCV, principale causa di morte nel mondo occidentale, possono essere prevenute agendo sui fattori di
rischio modificabili, tra cui l’obesità in infanzia e adolescenza. Sono molteplici i meccanismi biologici
attraverso cui la condizione di obesità danneggia il sistema cardiovascolare sin dall’infanzia favorendo il
precoce sviluppo di placche aterosclerotiche. Più dura nel tempo e più è intensa la condizione di obesità,
maggiore sarà il rischio. Rischio che diminuisce se si riesce a perdere il peso in eccesso. Gli autori riportano
anche i dati di una propria casistica ambulatoriale che evidenzia aumento di incidenza di obesità e patologie
correlate in epoca post-COVID.
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